L’Ospedale di Ortona proiettato verso il futuro. Sempre più specializzato e animato da continue iniziative per migliorare i servizi

L’Ospedale di Ortona proiettato verso il futuro. Sempre più specializzato e animato da continue iniziative per migliorare i servizi

Qualità sociale

All’Ospedale di Ortona progetto “Allenarsi per la salute”. Sport per donne che sfidano il cancro: camminare aiuta a riprendere a vivere.

“In un mare di sudore, sai che non stai semplicemente praticando esercizio fisico, ma che stai lottando contro un male. E che a vincere sarai tu”.

È un progetto per donne in rinascita, che lottano contro il cancro alla mammella, l’iniziativa “Allenarsi per la salute”, promossa dall’unità operativa complessa di Chirurgia a indirizzo senologico dell’ospedale “Bernabeo” di Ortona (Chieti), centro Eusoma, diretta dal prof. Ettore Cianchetti e il dipartimento di Medicina e Scienze dell’invecchiamento.

Un percorso di attività fisica da abbinare alle cure mediche per mitigare gli effetti negativi sul fisico, ricostituire grinta e voglia di vivere e ottenere anche importanti effetti di prevenzione.

“All’inizio ero quasi intimorita. Credevo di non arrivare alla fine del progetto, di non farcela”, confessa ad AbruzzoWeb Patrizia Fazii, una delle donne che nello scorso anno ha aderito al progetto pilota, che verrà riproposto e ampliato, raccontandone le difficoltà, ma anche la soddisfazione: “Una volta iniziato, invece, ho notato che, nonostante la fatica, più ci allenavamo, più era bello camminare”.

“Sicuramente la stanchezza è notevole – spiega – Molte di noi, a causa dei farmaci, hanno preso peso; muoversi con 10 chili in più è faticosissimo, i dolori sono tanti ma, spinti dagli istruttori, soprattutto dall’ironico e scanzonato professor Di Blasio, arrivi a far tutto”.

Un trampolino di lancio per scoprire anche i benefici del movimento, lo stupore del sollievo dopo la fatica, e l’adozione di un nuovo stile di vita.

“Dopo il progetto ho continuato a camminare – conferma ancora Patrizia – Capisci quanto un minimo di attività fisica sia alla base di una vita all’insegna della salute. Per spronare me, anche mio marito è diventato un runner e i bambini ci accompagnano, in bici generalmente. Poco male, l’importante è muoversi”.

Un progetto sulle donne, ma soprattutto per le donne: in questo caso, donne piegate dalle sofferenze di questa malattia e delle cure che la medicina concede; ritornare a vivere normalmente dopo cicli di cure mediche è come fare primi passi dopo un lungo letargo.

Questo progetto vuole essere un simbolo, oltre che un esperimento, per tutte quelle donne che si metteranno a dura prova nei tre mesi del percorso.

Grazie all’iniziativa, queste donne hanno modo di ascoltare il proprio corpo, di scoprire la sua risposta.

E, sicuramente, a non sentirsi sole: “Ho capito che non ero l’unica donna malata – continua Patrizia – Condividere serve e metabolizzare, condividere incoraggia, significa sapere che qualcuno ti capisce veramente e non si limita a facce da circostanza”.

“Condividere significa avere di fronte una donna che tira sospiri di sollievo pensando che non sia toccata a lei. Significa anche voler andare oltre e fare insieme un’esperienza diversa. Questa volta per la salute e non per la malattia”, conclude.

Tra campi ancora inesplorati e raccomandazioni della scienza, la medicina oggi decide di non muoversi tra soli farmaci: lo sport e il movimento possono dare una spinta alle cure mediche? Sicuramente, rispondono gli esperti, danno una mano a ottimizzare i trattamenti e fanno ben sperare i risultati dell’esperimento di trattare i casi clinici con metodi multidisciplinari e strategie di cure non solo farmacologiche.

Dalla metà di settembre a metà ottobre, il progetto di Ortona prevede la selezione e il reclutamento di un nuovo gruppo di 50 donne, che sono state trattate per carcinoma mammario, e che vengono sottoposte a una valutazione multidisciplinare e a esami clinico-strumentali.

Dopo la selezione, che si tiene ogni 4 mesi, e la valutazione iniziale, segue un periodo di allenamento di altri 90 giorni, durante il quale le donne sono sottoposte ad allenamenti di gruppo, comprendenti esercizi di walking (camminata), nordic walking (camminata nordica con bastoni) o al flow stretching (fusione di yoga, pilates, stretching e ginnastica posturale) presso l’ospedale “G. Bernabeo” di Ortona o presso il percorso vita dell’università “G. D’Annunzio”.

Esercizi che vengono condotti e supervisionati da un dottore di ricerca in Scienze del sistema motorio e da laureati in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate, accompagnati anche da esperti specialisti delle varie discipline.

Accompagnato da counseling, ovvero sostegno e consulenza, di tipo psicologico e nutrizionale, svolti rispettivamente dalla psicologa Alessandra Cimini, e dalla biologa nutrizionista Roberta Faraone, sarà il servizio di counseling sulla composizione corporea e sullo stile di vita motorio, che saranno svolti da Andrea Di Blasio e Teresa Morano.

“Prima di questa edizione c’era stata una versione pilota del progetto che ha coinvolto solo 25 donne, mentre questa ne dovrebbe coinvolgere circa 150”, spiega ad AbruzzoWeb Di Blasio, confessando che “i risultati della prima versione sono stati buoni dal punto di vista fisico, psicologico e scientifico, al punto tale che, nel 2015, abbiamo conseguito un premio a un congresso europeo quale miglior lavoro scientifico”.

Un innovativo metodo di ricerca, che si accompagna a quella medica e di diagnosi, per studiare la risposta del corpo ai diversi stimoli a cui si sottopone durante questo specifico percorso sperimentale: un modo per analizzare le relazioni esistenti tra lo stato di salute psicofisica e lo stile di vita motorio e alimentare su pazienti con passato clinico.

Sempre Di Blasio conferma l’obiettivo del programma: “Lo spirito con cui lavoriamo, perché non sono solo ma c’è una squadra ben oliata e rodata insieme a me, è quello di sperimentare per conoscere meglio, al fine di migliorare la qualità della vita e la salute delle donne, perché è di donne che ci occupiamo. L’aspettativa? Fare un passo avanti in tutto”.

Non è solo un interesse della medicina: da anni, impegnata nello studio degli effetti dell’attività fisica sulla salute della donna, c’è infatti anche l’Università.

È proprio con la collaborazione dei dipartimenti di Scienze mediche, orali e biotecnologiche e di Neuroscienze, Imaging e Scienze cliniche dell’Università “D’Annunzio”, infatti, che il complesso medico è riuscito a realizzare questo progetto.

Una sinergia che ha permesso di esplorare nuove strade per le ricerche scientifiche; qualcosa che si allontani dalle cure ospedaliere, ma che vi si accompagni per l’ipotesi di una buona riuscita.

Una sana alimentazione e un po’ di sport, quella che sembra essere la vecchia ricetta di nonni e maestri, può cambiare la vita. Uno stile di vita salutare può prevenire e curare?

“Una vita sana e attiva, insieme alla pratica sportiva, è un importante mezzo di prevenzione primaria, secondaria, terziaria e quaternaria – risponde Di Blasio – delle patologie croniche non trasmissibili, ovvero di obesità, diabete di tipo 2, patologie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro”.

Il riferimento è alla prevenzione per evitare l’insorgenza di malattie (primaria), per evitare che si manifestino pur con danni già in atto (secondaria), per riabilitare ed evitare recidive (terziaria) e per evitare approcci medici troppo aggressivi (quaternaria).

“Nello specifico del cancro alla mammella, la massima prevenzione primaria, attraverso il movimento, la assume la pratica sportiva in età adolescenziale, che riduce di molto il rischio di insorgenza in età adulta – precisa – Nella fase di recupero dal trattamento, l’esercizio fisico adeguato è importantissimo, per accelerare il recupero, ridurre il rischio di recidiva e per prevenire l’insorgenza di altre condizioni patologiche”.

(da www.abruzzoweb.it di Rossella Papa)

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